In occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, WeWorld, organizzazione italiana indipendente impegnata con progetti di cooperazione allo sviluppo e aiuto umanitario in 27 Paesi, ha pubblicato il report “Ciò che tuo è mio. Fare i conti con la violenza economica”, realizzato in collaborazione con Ipsos.
Il report presenta i dati legati a una forma di violenza più subdola e meno conosciuta ma, purtroppo, ancora fin troppo reale nella nostra società.
Ecco cosa è emerso.
Violenza economica: piaga subdola della società
La definizione di violenza economica è data dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (Eige) che la definisce come “qualsiasi atto o comportamento che provochi un danno economico a un individuo. La violenza economica può assumere la forma, ad esempio, di danni alla proprietà, limitazione dell’accesso alle risorse finanziarie, all’istruzione o al mercato del lavoro, o mancato rispetto di responsabilità economiche, come gli alimenti”.
Un tempo era considerata una forma di abuso emotivo o psicologico, oggi, invece, è riconosciuta come una forma di violenza distinta, messa in atto soprattutto all’interno di relazioni intime e/o familiari.
Purtroppo, seppur ancora molto diffusa, c’è ancora poca consapevolezza sulla sua gravità: solo il 59% delle persone intervistate, infatti, riconosce l’effettivo peso di questa particolare forma di violenza sulla società.
I tipi di violenza economica più diffusi
Il report evidenzia la presenza di 3 tipi di violenza economia:
- controllo economico
- sfruttamento economico
- sabotaggio economico.
Nel primo caso, l’autore della violenza impedisce, limita o controlla l’uso delle risorse economiche della vittima e il suo potere decisionale.
Nel secondo caso, l’autore della violenza usa a suo vantaggio le risorse economiche della vittima.
Nel terzo, invece, viene preclusa alla vittima l’indipendenza economica, impedendole di cercare, ottenere o mantenere un lavoro e/o un percorso di studi.
I dati del report
Il quadro dipinto da WeWorld è tutt’altro che rassicurante.
Il 27% degli italiani, infatti, ritiene che la violenza dovrebbe essere affrontata all’interno della coppia. Il 15% che sia frutto di comportamenti provocatori delle donne. Il 16% degli uomini, contro il 6% delle donne, invece, che sia giusto che in casa comandi l’uomo.
A questi dati preoccupanti si affiancano quelli inerenti un’incidenza di casi che non mostra segni di calo. Delle persone intervistate, infatti, ben il 49% delle donne ha subito nella vita almeno un episodio di violenza economica e quasi 1 italiano/a su 2 ritiene che le donne siano più spesso vittime perché hanno meno accesso degli uomini al mercato del lavoro.
Nella formazione uno strumento di prevenzione
L’educazione e la formazione svolgono un ruolo essenziale nella lotta contro la violenza economica. Soprattutto se si considera che il 10% delle donne (contro il 4% degli uomini) non si sentono preparate rispetto ai temi finanziari.
Programmi di formazione specifici possono infatti aumentare la consapevolezza sulle dinamiche della violenza, in tutte le sue forme. Non solo: svolgono un ruolo chiave nella promozione dell’uguaglianza di genere e possono aiutare concretamente a promuovere l’indipendenza finanziaria.
Progetti di formazione per donne orientati all’empowerment, corsi di formazione finanziaria, attività informative utili a riconoscere la violenza di genere e la violenza economica di genere, sono solo alcune strade percorribili per determinare quel cambiamento culturale, ed economico, che serve per limitare questo drammatico fenomeno.